Come migliorare l'autostima



30/01/2020 | 16:00

Come aumentare l’autostima e accettare se stessi.

Mente, pensiero e sentimenti.

Molti dei sentimenti che proviamo, degli stati d’animo, sono influenzati dall’idea che ci facciamo di noi stessi o che crediamo che gli altri abbiano di noi (parenti, amici, partner). Quindi, l’opinione che abbiamo di noi stessi influenza il nostro stato d’animo, ci vediamo forti e ci sentiamo allegri, ci vediamo bravi e ci sentiamo contenti. Molto spesso però, è lo stato d’animo che influenza il nostro essere, ci sentiamo tristi e ci vediamo falliti, ci sentiamo felici e ci vediamo vincenti. Quindi le due componenti, immagine di sé e stato d’animo, si influenzano vicendevolmente, interagiscono tra di loro in maniera imprescindibile. Entra in gioco però una terza componente fondamentale che complica ulteriormente le cose: il pensiero. Il pensiero o attività mentale, quando sviluppata in maniera cosciente e costante opera una forte influenza sullo stato d’animo e sull’immagine di sé, se ad esempio decidiamo di non sentirci tristi e non lo saremo più, se decidiamo di non vederci più timidi, deboli o sfortunati, semplicemente, non lo saremo più.

Se si riflette un attimo su questo concetto e se ci si esercita in modo costante sulla gestione del pensiero, ci sono tutti i presupposti per dare vita ad una reale rivoluzione interiore.

La mente e il pensiero, influenzano i nostri stati d’animo e la nostra immagine di noi stessi, se poi chiamiamo in causa le recentissime scoperte sulla NeuroEndoImmunologia, allora il pensiero potrebbe avere un influenza anche sul benessere fisico e non solo emotivo, ma d’altronde, se si ragiona secondo una prospettiva olistica, è ormai assodato che mente e corpo sono una sola entità.

Accettare i propri errori.

Comunque, cercando di non uscire “fuori traccia”, rimaniamo sul discorso dell’immagine di se dicendo subito che: “spesso raggiungiamo conclusioni affrettate e definitive su noi stessi sulla base di situazioni e condizioni temporanee e tutto sommato non sconvolgenti”. Faccio un esempio, un esame non superato a volte può definire uno studente come cronicamente fallito e instaurare in lui sentimenti di tristezza duraturi, quante persone hanno lasciato gli studi per un solo esame non riuscito a superare?

Ancora, essere stati lasciati dal partner, non aver avuto un’erezione, aver fatto un errore a lavoro o con una persona, spesso sono eventi singoli che però vengono generalizzati e ingigantiti a dismisura.

Evitiamo quindi di condannare noi stessi con troppa facilita: “Sono disgustoso, sono un fallimento, sono inferiore, non merito amore, sono un debole, sono fatto così, sono stupido, sono cretino, non conto niente, lui e migliore di me, non avrò mai successo, ecceterea, eccetera, eccetera…Sono tutte affermazioni che non hanno senso in quanto definiscono la nostra intera persona in modo unilaterale e semplificato, ovviamente, la conseguenza è che ci sentiamo tristi, arrabbiati, sfiduciati e così via, anche se per un’ora, anche se per un giorno, abbiamo dato una definizione errata alla nostra persona, e qualcosa di negativo rimane comunque in noi.

Non è così…siamo molto di più di uno stato d’animo temporaneo.

Ci sono DUE modi per aumentare l’autostima, il primo è gonfiare il proprio valore e sentirsi meglio degli altri, questo è un metodo poco efficace, perché alla base non c’è niente che ci dimostra la sua veridicità, se ci gonfiamo di niente sempre niente saremo, non possiamo nemmeno confrontarci con l’altro perché, seppure abbiamo più soldi di lui, magari abbiamo meno donne, oppure avremo un’auto potente, ma invidieremo di lui la sua bella famiglia. La vera ricchezza è quella spirituale, chi la ha non si vanta di averla e non si sente migliore degli altri.

Un secondo metodo, molto più efficace, consiste nell’accettare se stessi così come si è, valutarsi per quello che si può fare e non per quello che si ha, valutarsi senza lasciarsi condizionare o influenzare dal parere degli altri ma sulla base della reale convinzione del proprio valore.

Siamo unici, sfaccettati, irripetibili, in mutamento, in evoluzione, siamo troppo complessi per qualsiasi definizione, possiamo dire di essere alti o bassi ma non di essere intelligenti o buoni, soprattutto: non siamo perfetti, siamo fallibili, sbagliamo continuamente ed è giusto che sia così, gli errori servono a migliorare.

Non dovremmo permettere che il valore che  ci assegnamo derivi dalle opinioni altrui, sia quelle che noi percepiamo che gli altri abbiano, sia quelle reali che gli altri fanno. E’ un errore gravissimo, così come è un errore grave considerare da buttare un cesto di mele solo perché una è cattiva, o considerare da buttare la Gioconda solo perché la pittura è un po’ scrostata.

Lo stesso vale per noi, non siamo da buttare via se abbiamo fallito un esame, se siamo stati licenziati o siamo stati lasciati o se è andato male un colloquio o se gli altri hanno più successo di noi, se abbiamo mentito ad una persona questo non fa di noi una persona bugiarda sempre e in ogni occasione, lo stesso nel caso di un tradimento, o nel caso di un successo, se abbiamo raggiunto un traguardo non vuol dire che siamo onnipotenti e destinati a vincere sempre.

Se vostro figlio sbaglia un compito lo etichettate come perdente? O se un famoso calciatore sbaglia un rigore non rimane lo stesso un campione? Gli esempi possono essere tanti, cercateli nelle vostre esperienze quotidiane.

In ognuno di questi casi, abbiamo commesso un errore, o di valutazione o di comportamento, l’importante è riconoscerlo, accettare che abbiamo sbagliato e non farlo più in futuro.

Purtroppo, è più facile essere tristi o rabbiosi che accettare serenamente che abbiamo fatto un errore grave pur continuando a volerci bene.

 

Piccolo esperimento:

scrivete su un foglio grande o su dei post-it una caratteristica della vostra persona nella sua interezza che vi viene in mente, sia fisica che psicologica, poi scrivetene un'altra e un'altra ancora fino a quando davvero non ve ne vengono altre in mente. Se date un‘occhiata globale al risultato, vi renderete conto di quanto è ricca la vostra complessità di essere umani, e sono sicuro che dopo vi verranno in mente altre qualità da aggiungere. Magari potreste chiedere poi il parere di una persona di fiducia riguardo ad altri aspetti che non avete scritto. E’ impossibile quindi valutare se stessi e gli altri in senso globale.

 

Siamo unici e mutevoli.

Anche se oggi potessimo misurare tutte le nostre caratteristiche personali, in senso negativo o positivo, queste misure l’indomani sarebbero da buttare e da rifare.

Ogni giorno si cambia un pochino, si spera di migliorare, la tendenza naturale è quella di crescere e potenziarsi, quindi non siamo mai sempre nello stesso modo.

Inoltre siamo difettosi, imperfetti, commetteremo sempre errori, dovremmo rassegnarci serenamente a questa idea, nessuno è perfetto e mai nessuno lo sarà. Siamo fatti così.

Quando sbagliamo o falliamo in qualcosa, possiamo provare tristezza, rabbia o delusione, tutte emozioni negative però sane, perchè ci agevolano a correggerci, ad aggiustare il tiro, ad auto aiutarci per la prossima volta.

Emozioni negative malsane come il disprezzo di sé, l’autocondanna, la rabbia cieca, portano a sentimenti autosvalutativi più profondi che possono causare anche stati di depressione, di vergogna o di colpa. Di conseguenza, si tende ad evitare la situazione potenzialmente rischiosa e a non mettersi in gioco, anziché provare a fare una cosa, col rischio di fallire ma anche di riuscire, non la si fa proprio, la frustrazione si accumula e l’infelicità pure. Questo è qualcosa di altamente disadattivo.

Non è meglio imparare a ridere dei propri errori? Tanto ne capiteranno sempre e per sempre di nuovi e di diversi, prendersi troppo sul serio non è indice di buona salute e buon equilibrio mentale, proverbi come: “Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi” dovrebbero essere proibiti, sono stupidi e inopportuni.

Tu sei unico perché nessuno è uguale a te, allo stesso tempo anche gli altri sono unici e diversi tra loro,ognuno con le proprie qualità positive e negative, quindi paradossalmente, ognuno di noi, è diverso e uguale agli altri allo stesso tempo.

Accettazione e rassegnazione: come agire per uno scopo.

Pongo l’accento sul concetto di accettazione che deve essere distinto da quello di rassegnazione, la rassegnazione è qualcosa di passivo, è un’arresa, è rinuncia, è pigrizia mentale, paura, richiede poco sforzo ma alla lunga fa stare male, ci fa sentire depressi, in colpa, falliti, è lusinghiera ma è un inganno, chi si rassegna vivrà una cattiva vecchiaia.

Non ci fa agire perche tanto ci fa sembrare che è tutto inutile.

L’accettazione è invece una serena comprensione della situazione, ci porta ad adattarci alla circostanza e ad agire in un modo più adeguato per risolvere o affrontare un problema.

L’accettazione si basa su una capacità di tollerare le frustrazioni e di pianificare ed agire in vista di una gratificazione futura, tollerare una sofferenza o una qualsiasi situazione oggi, per stare meglio domani, per la serie, lavorare sodo per ottenere la gallina domani, dato che il classico l’uovo oggi mi può nutrire solo oggi.

Accettare voi stessi  implica accettare anche le cose brutte che sono state fatte, perdonarsi non significa ripetere il comportamento spiacevole. Quando si fa un errore è bene riconoscerlo e imparare da esso, agire in modo più costruttivo e ributtarsi immediatamente nella mischia.

Anche nel caso di situazioni molto spiacevoli, ad esempio violenza familiare, dipendenza da sostanze, tradimenti coniugali, ecc. è necessario non percepirsi secondo un’etichetta, se un padre, occasionalmente, in un momento di rabbia picchia la moglie e i figli ha commesso un atto bruttissimo, terribile,  dovrebbe però evitare di etichettarsi come “marito padre violento” al più presto, prima di cominciare a vedersi veramente come tale e a rimanere bloccato nel ruolo, anziché pensare: “Sono un marito violento” dire a se stessi “Ho perso la testa e ho commesso un singolo atto di violenza”. Lo stesso vale per uno che ha fatto uso di eroina o di altre droghe in modo occasionale, anziché pensare: “Sono un drogato” dovrebbe pensare: “Ho fatto uso di droghe dovrei stare attento a non farlo più

La cosa da fare è assumersi la responsabilità dei comportamenti e degli aspetti di se negativi, capire che ci si è comportati male e cercare di riparare in futuro. Nessuno è: “Fatto così” questa è un’altra assurdità entrata nel modo di pensare comune, “sono fatto così non posso cambiare” “se mi vuoi mi devi accettare come sono non posso cambiare”, quante sciocchezze, NON è VERO!!!

Cercate poi di essere specifici nel modo di descrivere un comportamento sbagliato, riprendendo l’esempio della violenza, anziché pensare: “Ho picchiato mia moglie e mio figlio, sono un violento, sono un mostro e mi comporterò sempre da tale” si può pensare: “Ho picchiato mia moglie e mio figlio perché ero stanco, già arrabbiato da prima, ho sbagliato in quell’occasione ma non succederà più, perché io non sono così”.

Per vivere bene la vita, tra le altre cose, è importante assumersi le proprie responsabilità sia dei successi che degli errori e dei fallimenti.

Le etichette servono per la taglia e i prezzi dei pantaloni…

Mai dire a se stessi: “Sono stato un cretino” “Che scemo che sono” “Che idiota” oppure “Sono stanco” “Sono apatica” eccetera, neanche per gioco o per sciocchezze, ne sento decine di cose così ogni giorno.

Non si usa mai una terminologia offensiva o irrispettosa nei confronti di se stessi (alcune teorie dicono che chi lo fa spesso in realtà nasconde un disturbo emozionale più profondo), se una cosa si ripete spesso, il significato, il messaggio viene comunque veicolato, ci poniamo verso gli altri nel modo in cui ci siamo appena etichettati e loro questa cosa la percepiscono, peggio, alla lunga ci sentiamo così, possiamo cominciare a credere di esserlo.

Se uno no crede che veramente è cretino perché deve dirselo, prendiamo l’abitudine ad usare un linguaggio che descriva precisamente il nostro comportamento e le nostre emozioni, non è mica difficile?

Cerchiamo di allenarci a darci un’etichetta diversa, positiva, che ci carica, magari nemmeno quella è vero ma sicuramente è meglio ripetere a se stessi: “Mi sento forte ce la farò”.  Anziché: “Sono debole, non ci riuscirò mai”, è quel “sono” che fa la differenza, si può dire sono alto, sono pesante, ma non sono debole, forte, fallito, triste, eccetera.  Si dice: “Mi Sento”. Notate la differenza?

Prima di etichettarsi poi chiedersi in che cosa si ha fallito, il classico:”dove ho sbagliato?” che porta a ripetere l’esperimento.

Resistere al linguaggio auto-offensivo ha un doppio vantaggio, ci pone in una posizione diversa nei confronti degli altri e ci consente di sperimentare maggiore autostima.

 

 

Autoaccettazione e cambiamento.

Come detto, l’autoaccettazione non è rassegnazione e non è passarla liscia, auto accettazione vuol dire assumersi la responsabilità dei propri comportamenti e degli aspetti di se meno gradevoli, volerli modificare e cercare seriamente di farlo.

Vuol dire condannare o perdonare certe cose che si fanno, l’importante è non pretendere troppo da se stessi, ognuno ha i suoi tempi e i suoi ritmi, non bisogna ne essere troppo passivi ne troppo attivi. Due metodi molto errati per potenziare l’autostima riguardano o il non fare nulla, per non correre rischi, o il fare tante cose in modo esagitato per dimostrare a se stessi e agli altri che si è bravi, nessuno dei due modi risulta sano ed efficace alla lunga.

Il primo porta a sentimenti di tristezza e di colpa, il secondo genera ansia o sovrastima di sé, con la conseguenza che al primo fallimento, anziché cadere sul suolo si precipita al centro della terra, da dove poi sarà molto più difficile risalire.

Un altro modo comune di pensare porta le persone a concentrarsi più sui propri errori e sui difetti anziché sulle risorse e sulle potenzialità di cambiamento, questo comportamento, ahimè tanto diffuso e sbagliato, porta ancora una volta a non riuscire a vedere i rimedi, le possibilità e le parti sane di sè. Non si può risolvere un problema personale partendo dagli aspetti negativi, continuando a ripetersi: “Non ci riuscirò tanto già lo so”, “Sbaglierò di sicuro” “Non mi và mai niente bene” e così via. Sarebbe come volere imparare una lingua straniera picchiandosi un libro in testa, è assurdo e patetico.

Cerchiamo invece di concentrarci ancora una volta sulle nostre qualità positive, tutti ne hanno, il valore di ognuno di noi è uguale a quello di qualsiasi altro essere umano, inoltre, se non ci lasciamo sviare dall’autocondanna e dall’autofustigazione, avremo più tempo, più energia e più carica per ridurre l’agitazione e concentrarci con lucidità sul problema da risolvere.

Amiamoci così come siamo, siamo perfetti nella nostra imperfezione.